La balia. Un'indagine del commissario Kostas Charitos by Petros Markaris

La balia. Un'indagine del commissario Kostas Charitos by Petros Markaris

autore:Petros Markaris [Markaris, Petros]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Fiction, Mystery & Detective, General
ISBN: 9788893445450
Google: sFRjxgEACAAJ
editore: La nave di Teseo
pubblicato: 2019-06-19T00:00:00+00:00


16

Mi trovo in un salottino, neutro e impersonale. Davanti a me siedono due vecchietti vestiti come se fossero gemelli, oppure convittori di un vecchio orfanotrofio: stessa camicia bianca a righe azzurre, stesso pantalone grigio chiaro con le bretelle e pantofole dello stesso colore. Solo i loro visi sono diversi. Il kyr Haralambos, al secolo Haralambos Sefertzidis, ha perso tutti i denti, ma invece di dispiacersene ha l’aria di uno che si è liberato di un impiccio.

“Mangio solo zuppe e yogurt. Di tanto in tanto un purè,” mi spiega. “La frutta, d’inverno me la servono frullata. D’estate combino qualcosa con l’anguria o, anche meglio, con i fichi.”

“Ti sta bene, perché sei una testa dura e non vuoi mettere la dentiera,” gli dice il kyr Sotiris, al secolo Sotiris Kerèmoglou, i cui denti sono, sebbene artificiali, impeccabili, e fa un ampio sorriso per mostrarli. Porta gli occhiali con una montatura di celluloide nerissima, che ricorda quella di Onassis e gli copre metà del viso.

“Lambis, qui presente... uomo con la testa più dik al mondo non ne esiste. Testa dura, come dite voi elladites. Dici bianco, e lui dice nero. Dici nero? E lui dice bianco. Ecco che tipo di tzanabetis è. Dio mi ha punito e ha voluto affibbiarmi questa croce ora in vecchiaia.”

Lo sdentato se la ride in silenzio con aria furbetta, mentre ripete: “Fammi male anche se piango, fammi male anche se piango”, finché non si stufa e la pianta. Cerco di riportarli un po’ verso la normalità, tentando di ottenere qualche risposta sensata, ma temo che il mio sforzo sarà vano. Ho già chiesto loro un paio di volte se conoscono Maria Hambou, ma loro niente, come se gli avessi detto: “Raccontatemi quel che vi pare.” Preferirei sinceramente essere in giro turistico con la Mercedes della Kourtidou. Ma non posso rinnegare così il mio orgoglio professionale, quindi ripeto la domanda un’ultima volta: “Forse uno di voi due o qualcun altro nell’istituto conosceva Maria Hambou? Era di Costantinopoli e, prima di partire per la Grecia, ha passato qualche tempo qui. Negli ultimi anni viveva con il fratello a Drama. Dovrebbe avere più o meno la vostra età, forse qualche anno di più.”

“Ah, ora ci offendiamo,” replica il Kerèmoglou, quello con gli occhiali alla Onassis. “Nessuno è più anziano di noi due. Siamo i pezzi di antiquariato più vecchi, qua dentro.”

“D’accordo, d’accordo... ritiro quello che ho detto,” faccio io, con le ultime briciole di pazienza che mi restano. “Maria Hambou, la conoscevate?”

“La Hàmbena. Noi qui la chiamavamo Hàmbena,” corregge lo sdentato Sefertzidis che parla con la “lisca”.

“La conoscete allora?”

“Certo. Anche due giorni fa era qui,” dichiara il Kerèmoglou.

“Qui? Al ricovero?”

“Ovvio. È venuta a far visita a sua cognata, la Sapfò.”

“La sorella di suo marito?”

“Se è sua cognata, sarà la sorella del marito, cos’altro vuoi che sia? Voi elladites come dite?” domanda Sefertzidis.

Inghiotto volentieri sia la mia stupida domanda, sia il sarcasmo di Sefertzidis, perché davanti a me si aprono ben altri orizzonti. “E sua cognata sta qui?”

“Sì, qui di fianco,” riprende Kerèmoglou.



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